BROGNATUROCenni storici
Il territorio, che si estende nel versante jonico delle Serre, nell’alta valle del fiume Ancinale, all’altezza della conca di Spadola, è di kmq. 24,50, e confina con quelli dei Comuni di Badolato, Cardinale, Guardavalle, Isca sullo Jonio, San Sostene, Santa Caterina, Simbario e Spadola, in provincia di Catanzaro, e con quello di Stilo, in provincia di Reggio di Calabria.
L’abitato, che sorge in fondo alla valle sulla destra del fiume Ancinale, ed è ai piedi delle pendici del Monte Tramazza, si trova a 755 metri sul livello del mare, a 67 chilometri da Catanzaro sulla statale 110.
Il paese di Brognaturo non ha origine molto antica perchè non se ne rinviene traccia alcuna nelle carte Normanne, Sveve ed Angioine. Non è nominato tra i casali tassati dal Giustiziariato di Calabria de 1276. L’unica citazione, peraltro sommaria, è presente all’interno di un diploma del Conte Ruggero (il Normanno) datato alla fine del XII secolo. Da qui si evince che Brognaturo probabilmente deriva da un antico paese, posto sui monti circostanti, di denominazione greca : “Brondismenon”, i quali abitanti solo molto tempo dopo scesero a valle e diedero origine all’attuale Brognaturo.
Se ne trova comunque memoria in un documento del periodo Aragonese e precisamente nel “lieber visitationis d’Athanase Chalkeopulos” (1457-1458) dal quale si rileva l’esistenza del casale di Brognaturo, che quindi doveva esistere da tempi ben più antichi anche se non aveva magari sufficiente autonomia socio-economica per essere annoverato tra i casali tassati.
A proposito dell’origine etimologica del nome, un’altra ipotesi “storica”, ma pur sempre di ipotesi si tratta, su “Brognaturo” è che questi è la derivazione dal vocabolo dialettale “Brogna”: una specie di corno in uso presso i pastori per richiamare il gregge
(ascolta il suono della "Brogna"). Ipotesi suffragata anche da alcune note storiche del vescovo Mons. Bruno Tedeschi da Serra San Bruno che descrive Brognaturo come un paese molto antico formato in origine da massari e mandriani.
Detto anche Brognatore, Brognatura e Brugnatore.
Già casale della baronia di Santa Caterina, nel 1535, fu venduto col “jus redimendi” (diritto di riscatto) da Giovan Francesco Coclubet ultimo conte e primo marchese di Arena, a Giovan Battista Suriano di Monteleone (l’attuale Vibo Valentia) il quale, il 12 luglio del medesimo anno, lo restituiva al venditore, ma con gravi difficoltà.
Egli infatti, lo aveva, nel frattempo, venduto per 500 ducati a Ferrante Carafa, Conte di Soriano e Duca di Nocera, che, a sua volta, sempre con il diritto di riscatto, lo aveva venduto a Giovan Battista Raveschieri.
Dal 1629 al 1641 fu dei Passarelli, da Catanzaro, indi dei Sersale, da Stilo, fino al 1660, quando passò a Paolo de Santis, che lo tenne fino al 1679, anno in cui ne fece donazione al Convento di S. Domenico di Soriano, nel cui dominio rimase fino all’eversione della feudalità ( 1806).
Il terremoto del 1783 vi causò danni valutati a 30 mila ducati. Fu poi danneggiato dal terremoto del 1905.
Per l’ordinamento amministrativo francese del 1806 divenne un Luogo del Governo di Serra; la legge istitutiva dei Comuni, emanata dai Francesi nel 1811, lo riconobbe tale, incluso nel Circondario di Serra, allora istituito, nel dipartimento della Sagra.
Nella chiesa Parrocchiale si conserva un gruppo marmoreo cinquecentesco dell’Annunciazione del carrarese G. B. Mazzolo.
I principali prodotti agricoli sono il grano, le patate e frutta varia. È largamente praticata la pastorizia, con allevamenti consistenti di ovini e caprini. Di buona qualità i latticini prodotti.
Gli estesi querceti consentivano un tempo l’allevamento di suini.
Il movimento demografico segna 27 fuochi nel 1669 ***; 985 abitanti alla fine del
sec. XVIII; 941 nel 1815; 800 nel 1821; 907 nel 1830; 972 nel 1853; 909 nel 1861;
886 nel 1871; 788 nel 1881; 718 nel 1901; 849 nel 1921; 854 nel 1931; 957 nel 1951.
Il referendum dal 2 giugno 1946 per la scelta tra Monarchia e Repubblica ebbe il seguente risultato: Monarchia 361 - Repubblica 25 - non va1. 42.
*** Le “NUMERAZIONI DI FUOCHI”, veri e propri censimenti in cui la popolazione non era computata per ANIME ma per FUOCHI, ossia per famiglie, erano effettuate esclusivamente a scopo fiscale.
Il calcolo finale dei fuochi a noi pervenuto rappresenta solo il numero delle famiglie soggette a tassazione, con l’esclusione di talune frange di popolazioni non tassate, tra cui gli ecclesiastici, le vedove, le vergini in capillis, le bizzoche, gli inabili